Saturday, March 29, 2008

Tutta la vita davanti

Lucca (Italy), night

E' troppo tardi per scrivere in inglese, il mio cervello lavora gia' male in italiano, figuriamoci in inglese adesso....
Stasera sono andata a correre con Vasco, per muovermi, per distrarmi e per riossigenare la mente dopo una giornata passata al computer a lavorare. Poi sono andata al cinema (chiaro prima ho fatto una doccia ed ho cenato). E' arrivato a Lucca il film di Virzi' e siccome Virzi' come regista mi piace ed in piu' nel film recita Germano, ero estremamente motivata ad andarlo a vedere.
Risultato. Il film e' una fotografia della realta', uno spaccato della societa' italiana di questi ultimi anni cosi' vera e cosi' vicina a me da far venire i brividi. Non posso dire che non mi sia piaciuto, perche' mi e' piaciuto. Ma da' una visione cosi' pessimistica, cosi' senza via di scampo che una volta usciti dal cinema resta da pensare "ma chi me lo fa fare di andare avanti visto che e' proprio cosi' come nel film la realta'?". E' chiaro che non e' cosi' per tutti. Ma lo e' per me e lo e' stato.

Il film comincia con la protagonista, Marta che si laurea. Una commissione addormentata, che anche se lei avesse raccontato una favola sarebbe stato lo stesso. Una burocrazia nell'ambiente universitario che ti scoraggia subito anche dal provare una qualsiasi cosa. Un ragazzo con un contratto di ricerca da 350 euro al mese e costretto a fare altri lavori part-time per arrivare anche solo a pagare un affitto. Un darsi da fare a mandare il curriculum a destra e manca per cercare di trovare un qualche lavoro che si addica a cio' che hai studiato, tante porte sbattute in faccia, tanti sorrisi e tanti le faremo sapere. La gente che ti guarda dall'alto in basso perche' una laurea in questo paese non conta niente e le possibilita' si danno solo a chi ha le conoscenze. Il momento in cui trovi un qualsiasi lavoro che ti fa sentire fortunata, non importa che lavoro sia, anche il piu' umiliante, solo perche' almeno qualcuno invece di rifiutarti ti ha dato una possibilita'. Ed alla fine ti perdi e quando te ne accorgi a volte e' stato troppo tardi. La mia fortuna e' stata andarmene quando ho avuto l'occasione, prima di appassirmi qui e perdere ogni minima stima di me stessa a forza di prendere portate in faccia e no come risposte.
E' difficile capire forse per qualcuno. Ma quando non sai come arrivare a fine mese, quando vedi che i soldi scarseggiano, vai anche avanti a mesi a mangiare riso e carote e quanto di piu' economico riesci a trovare al supermercato. E non solo questo. Io ad un call center ci ho lavorato. Io, la mia mamma e la mia sorella. Ne avevamo bisogno e quello era cio' che siamo riuscite a trovare. Almeno lavoravamo insieme e ci tenevamo compagnia. Ma la gente se lavori in un call center ti guarda dall'alto in basso. Almeno guardavano me. Ma avevo cominciato un dottorato e non mi pagavano ed io invece dovevo pagare le tasse. E mi ricordo quelle ore al telefono come un incubo. Quelle ore indimenticabili, chiuse in una stanza. A telefonare a delle persone che non erano interessate, che non volevano stare a sentire, a cui dovevi raccontare delle storie per fissare un appuntamento, perche' il tuo riuscire nel lavoro dipendava da quello. E tutta quella povera gente a cui telefonavamo senza saperlo. C'erano quelli malati a letto, le persone anziane, i depressi. E tu, solo perche' telefonavi, diventavi un telefono amico. E si lo so, non potevamo perdere tempo con questa gente, perche' non avrebbero fissato un appuntamento e ci facevano perdere tempo. Ma io alla fine mi immedesimavo troppo nelle loro situazioni, soffrivo con loro, non avevo il distacco necessario. Ed alla fine arrivavo a fine giornata distrutta, come se insieme al mio sentirmi una nullita' vivessi anche le vite ed i problemi di tutte queste persone.
E nella mente per andare avanti si creano meccanismi strani di autoprotezione. Che a volte sono pericolosi, perche' ti portano a giustificare tante cose, a perdere di vista i tuoi sogni, a credere che sognare e' pericoloso. A credere che sia meglio volare basso, che se ti schianti, ti schianti da piu' vicino a terra.
Non so come io, mia sorella e mia madre siamo uscite da questo circolo, da questo lavoro a cui ti attacchi come una cozza perche' e' sempre un lavoro e ne hai bisogno e chissa' quando troverai il prossimo. Ma ne siamo uscite. Ma viviamo ancora tutte e tre vite lavorative insicure. Io e mia sorella per scelta, mia mamma per forza di cose. Ed e' una vita che consuma.
Io inseguo i miei sogni. Ma a volte come stasera, quando vedo un film come "tutta la vita davanti" mi ricordo di come sia stato prima, di cosa ho passato e di tutti i lavori piu' o meno piacevoli che ho fatto. E mi spavento. Perche' so che adesso non avrei la forza di ripassare attraversi questi momenti. Perche' io sono una che e' riuscita a realizzare un sogno ed e' difficile tornare indietro dopo. Ti poni nuovi obiettivi, nuovi sogni e pensi che quella fase del call center, dei lavori sfruttata per fare qualcosa che non ti piaceva, quella fase, e' finita. Ma poi appunto capita che vedi un film, capita che pensi al tuo presente e realizzi che quella fase potrebbe tornare. E che questa volta non saresti brava come prima a passarci attraverso, sopravvivere ed uscirne fortificata.
Se c'e' bisogno si fa tutto. Ma se c'e' una cosa che adoro dell'America e' proprio la filosofia di dare una possibilita' alla gente. Qui a volte non si ha scelta. E non importa quanto uno abbia studiato, non importa quanto uno sia bravo o sarebbe bravo nel suo lavoro. Non importa.

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